La mostra documenta il cammino artistico di Giuliano Scabia (1935-2021), che è stato poeta, narratore, affabulatore. Ma è stato soprattutto grande sperimentatore di un teatro impregnato della poesia della vita, della vita trasferita in poesia e in azione scenica, in esplorazione, in confronto con gli uomini e con la natura. Il suo teatro negli anni Sessanta e Settanta rifletteva gli scontri dei tempi, cercando di essere test del presente, indagine in azione. Poi si è dilatato, seguendo il motto di Witold Gombrowicz “colui con cui canti modifichi il tuo canto”: è andato nei manicomi con Marco Cavallo, simbolo della liberazione dalla reclusione manicomiale, tra i bambini delle scuole e gli studenti dell’università, nei quartieri di periferia, nei paesini di un’Italia marginale, trascurata dal progresso, in montagna, nelle campagne, reinventandosi con la partecipazione degli spettatori.