di e con Paola Corsi
La solitudine è un momento magico, pieno di incanto e di spavento. Si è bambini, soli, a interpretare il mondo senza coordinate, punti di riferimento, senza qualcuno o qualcosa che ci dica che cosa è giusto o sbagliato. Il pensiero crea mondi che diventano reali. Ci sono cose che possono accadere solo quando si è soli.
Il desiderio, apparentemente impossibile, della figura femminile protagonista è di voler star sola ma con qualcuno, cioè di poter dividere con chi ama il momento più intimo di sé, la propria solitudine.
Il personaggio femminile si crea dunque un artificio, si immagina di avere sempre con sé un compagno che possa capire, che l’aiuti a prendersi cura di sé e la conduca dove da sola finora non è mai stata e forse non potrebbe andare.
La solitudine per questa donna è un percorso, “un allenamento” per poter tornare nel mondo senza disturbarlo; è il sogno di potersi avvicinare senza paura ma con amorosa attenzione alla propria solitudine e a quella di tutti.
La drammaturgia è originale ma le atmosfere e le parole di Agotha Kristof ne L’ora grigia e di due meravigliosi poeti italiani, quali Aldo Nove e Chandra Livia Candiani, sono stati punti di riferimento importanti per il lavoro.