In un monologo provocatorio e disturbante, Grete, sorella di Gregor Samsa, riscrive la storia de La Metamorfosi, accusando Kafka di aver travisato i fatti. Per lei, Gregor non era una vittima ma un debole, un asociale depresso, incapace di adattarsi alla vita.
Tra rancore personale e ideologia eugenetica, Grete incarna una visione cinica e disumana, riflesso di una Germania piegata dalla guerra e rinata nel culto dell’ordine.
Il suono del violino, che chiude la scena, è insieme sogno infranto e illusione di riscatto in una società che non ammette fragilità.